Conti correnti esteri: quando inserirli in dichiarazione dei redditi.

N26, Revolut, Monzo, Monese e ancora TransferWise, Curve e tante tante altre… in questi anni le cosiddette challanger bank, start-up nate con l’obiettivo di risolvere pochi e ben precisi bisogni (trasferimenti internazionali di denaro e acquisti tramite carte di pagamento con basse commissioni di conversione, IBAN multipli, etc…), stanno riscuotendo sempre maggiore successo, grazie ai costi estremamente bassi e la facilità con la quale è possibile accedervi (basta uno smartphone e la relativa app). Insomma, le barriere alla loro attivazione sono veramente minime.

Ma questi rapporti, devono inseriti in dichiarazione dei redditi? E se sì, va fatto sempre e comunque o ci sono casi specifici?

Sostanzialmente, i rapporti di conto corrente e i depositi detenuti all’estero con valore massimo (picco annuo) non superiore a euro 15.000 sono esclusi dagli obblighi di monitoraggio nel quadro RW del modello Redditi; tuttavia resta l’obbligo di pagamento dell’IVAFE (l’Imposta sul Valore delle Attività detenute all’Estero) se la giacenza media nel corso dell’anno supera l’importo di euro 5.000.

Ricordo che l’IVAFE è dovuta in misura fissa pari a euro 34,20, in rapporto ai giorni di possesso di tali attività finanziarie all’estero.

Volete maggiori informazioni sugli obblighi di monitoraggio e il pagamento dell’IVAFE? Contattatemi attraverso la pagina dedicata.

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